L’OMS sceglie i videogiochi come strategia per convincere i giovani a rimanere a casa, in questo periodo funestato dalla presenza del coronavirus. È quanto riporta DigitalTrends, nel sottolineare come l’Organizzazione Mondiale della Sanità sia entrata in contatto con alcuni rappresentanti dell’industria del gaming, per lanciare la campagna #PlayApartTogether.
Sono molte le compagnie che hanno deciso di abbracciare l’iniziativa, pensata per convincere i più giovani – ovvero coloro che si sentono maggiormente invincibili – a rimanere in casa, rispettando le buone regole per ridurre i contagi da COVID-19. Fra questi anche Activision Blizzard, così come riporta sempre DigitalTrends. Il CEO Bobby Kotick ha voluto rilasciare una breve dichiarazione:
Non è mai stato più importante assicurare che le persone rimangano connesse l’una con l’altra. I giochi sono la piattaforma perfetta, perché connettono le persone attraverso le lenti della gioia, dell’obiettivo comune, del significato. Siamo orgogliosi di partecipare in questa rilevante e necessaria iniziativa.
Dello stesso avviso anche Nicolo Laurent, CEO di Riot Games:
La distanza fisica non deve essere sinonimo di isolamento sociale. Rimaniamo fisicamente distanti – e prendiamo altre misure di salute pubblica come lavarsi le mani – per appiattire la curva dei contagi. Giochiamo distanti ma insieme per attraversare questa crisi. Per i nostri Rioters, i videogiochi sono molto più del semplice giocare: è un obiettivo di vita significativo. E ora, per miliardi di giocatori in tutto il mondo, i videogiochi potrebbero aiutare nell’obiettivo di salvare delle vite. Battiamo questo COVID-19 insieme.
L’iniziativa contro il coronavirus dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che riunisce sotto la stessa campagna un gran numero di software-house nell’universo del gaming, sembra andare in direzione opposta rispetto alle prese di posizione di qualche mese fa.
L’OMS aveva infatti sottolineato come l’eccessivo tempo passato davanti ai videogiochi potesse configurarsi come una vera e propria dipendenza in grado di aggravarsi in condizioni di isolamento forzato.